Dove c’è assenza di Luce, sul limite, li si combatte per la sopravvivenza, per la Vita. Lì nella penombra c’è rumore, tanto, bisbigli, sussurri, sesso, attimi di felicità. Nella penombra di noi stessi si fa la Vita. Due strade: la morte generata dal silenzio; la gioia figlia dell’Amore. In entrambi i casi per la Fisica aumenterà il caos.

Giuseppe La Mura lug 2016
testo: copyright legge 22 Aprile 1941 n°633
photo: Web

#piccoleStoriediAmore

Amavo quando faceva cadere per terra tutte le mie parole. Bastava una sua occhiata per non dormire la notte e tutti i pensieri sparpagliati sul letto volteggiavano sul soffitto, di una casa aperta senza tetto, come aquiloni di carta velina. Era Vento quando ritornava a recuperarli e portarli via con se, immersi nei suoi occhi di cobalto, poggiati e divorati da quelle sue labbra rosso sangue. Erano i miei pensieri d’Amore per Lei e veniva a prenderli tutti, gli appartenevano di diritto. Era una killer d’Amore, una Spiritual Criminal Serials Lover , nessuna pietà. Riuscivo a salvarmi perchè amava giocarmi. O forse qualcosaltro.

Giuseppe La Mura lug 2016
testo: copyright legge 22 Aprile 1941 n°633
photo: Web

#piccoleStoriediAmore

Ci sono Amori che vanno oltre i confini, oltre i limiti, oltre tutte le barricate delle parole. Sono gli Amori vissuti dentro l’Anima, che vivono sospesi nel Cuore. E si nutrono soltanto di eterne solitudini, assenze dei corpi, e infinite carezze e graffi nell’Anima. Quegli Amori sono perenni Precipizi dove scorgersi e tuffarsi nell’Altra Anima è l’unica possibilità che si ha per Amare, ad occhi chiusi, Innamorati.

Giuseppe La Mura lug 2016
testo: copyright legge 22 Aprile 1941 n°633
photo: Web

#piccoleStoriediAmore

telefono

Mi cercasti Tu, era una mattinata di fine maggio, mi cercasti per mandarmi foto per le poesie e racconti che scrivevo. Mi mandasti immagini esplicite erotiche, sensuali, intime. Io rimasi a guardarle e a guardarti senza dir nulla, non capivo, eppure ti conoscevo da molto tempo. Ma non capivo il senso di tutto ciò. Con delicatezza ti chiesi se ti piacesse ciò che scrivevo. E Tu senza alcuna inibizione, paura, dicesti che ti penetravo la mente, che ti prendevo l’Anima fino a combaciare sulla Tua. Capì da allora che c’era qualcosa che non andava, eri troppo diretta, un treno a folle corsa che prima o poi si sarebbe schiantato e molto probabilmente su di me sarebbe caduto il tuo urto. Accettai, dentro me, a malincuore a dire il vero di sottopormi a questa ennesima prova a cui avrei abbandonato la mia Anima, i miei sentimenti, le mie emozioni, insomma tutto il mio mare.  E cominciasti da allora a cercarmi ripetutamente, ogni istante libero tuo, a volermi scrivere, a mandarmi messaggi vocali, fino a strapparmi il mio numero di cellulare per poter finalmente conoscermi e non soltanto virtualmente. E da lì cominciarono i miei dolori. Eri come un tarlo che lentamente spulcia, cerca, accarezza quell’essere fino a quel momento fuori dal mondo, strano, diverso da tutti i tuoi uomini che hai incontrato e portato a letto. Cominciasti a raccontarmi dei tuoi amori, dolori, vicissitudini private, fino all’ultimo uomo che avevi in casa. Pensai che fossi matta, non mi sbagliavo. Parlavi con me, cercavi me, dicevi come amico, ma mi tenevi in sospeso, in bilico sul tuo essere spietatamente Donna. Volevi pesarmi, studiarmi, e nel frattempo confrontarlo al tuo Lui, quello con il quale andavi a letto e che poi il giorno dopo raccontava a me che non c’era stata bene a far l’amore con Lui e mi sussurravi: “capisci, io non vedevo l’ora che terminasse perchè …. beh prova ad immaginare perchè”. Eri matta da legare, lo ammetto, non ci credevo ma oramai ho vissuto situazioni analoghe, troppe, sulla mia pelle e non cado facilmente in questi stupidi giochetti. Io amo tutt’altri Burroni, Precipizi, sono per gli Amori Unici. Volevo capire fin dove ti spingessi, fino a che punto fossi davvero leale. Ma poi leale con chi? Credo soprattutto con Te stessa. Comunque lo cacciasti via di casa, dopo una intera notte al telefono con me piangendo e disperandoti che non lo volevi uno così. Da allora telefonate sempre più frequenti, sempre più opprimenti, a dirmi che ti mancava, che lo amavi, che lo desideravi. Alla fine ho dovuto darti le forze per chiamarlo, per fare tu il passo di riavvicinamento, ti ho consigliato come amico, fratello, ti ho fatto toccare con mano un’amicizia sincera, la mia, oltre tutto il sesso che volevi fingere con me a cui non ho mai creduto e al quale tu avresti sempre negato di averlo fatto intuire, per gioco, per un tuo capriccio, vanitoso e nulla più. Ora sono due giorni che sei tornata con Lui e io lo leggo dalle tue stupide notizie sul tuo diario. Ora, vorrei interrogarti, interrogarmi e sapere da te e anche da me, ma non chiedendotelo mai, il perchè di tutta questa tua indecisione con Lui. Cosa c’entravo Io in tutto quello che era il vostro Amore. E poi, senza me, cosa avresti fatto? avresti trascinato la tua storia all’infinito? avresti lasciato Lui definitivamente? cosa avresti fatto se non ti avessi detto chi Sei e chi è il tuo Lui? Fortunatamente non ho bilance nel Cuore, non peso i grammi di felicità miei e altrui, quelli che dono e che ricevo. Potrei però pesare tutte le lacrime che hai versato in quelle maledette conversazioni lunghe interminabili ore, che mi angosciavano l’Anima all’una di notte, alle tre del pomeriggio e sinceramente avrei preferito cuocere in un auto mentre ero in coda per andare al mare, piuttosto che ascoltare lamentele, paturnie, discussioni che non mi appartenevano, non erano mie. E poi alla fine cosa hai fatto? mi hai gettato come un fazzoletto intriso di tutte quelle inutili lacrime. Nemmeno dirmi sto di nuovo con Lui. Beh certo, oramai hai Lui, e spero che ti racconti, scriva e legga tutte quelle cose che hai segrete nel Tuo Cuore e che hai detto di aver raccontato soltanto a me, mai a Lui. Spero che possa scriverti poesie e lettere di auguri almeno a Natale, ammesso e non concesso che voi due arriviate a Natale.

Giuseppe La Mura lug 2016
testo: copyright legge 22 Aprile 1941 n°633
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#piccoleStoriediAmore

mare (1)

Siamo come due rive di uno stesso aMare. Tu dall’altra parte con le Tue sofferenze e Io non poterti asciugare le lacrime. Portale verso il mare, non lasciarle cadere tutte sulla terra. Lasciane qualcuna nel Mare. Io da quest’altra parte ne berrò un pò, ci annegherò, mi laverò il viso e quelle gocce che cadranno sulle mie labbra le lascerò asciugare lì al Sole. Sarai sale, sarai sulle mie labbra, sarai un bacio, un morso ardente, una carezza, un abbraccio, un sorriso. Spero mi vedrai da questa parte di un stesso aMare. Io solo su questa riva mentre raccolgo ciottoli sparsi con i quali disegno un improbabile sentiero, Tu sulla Tua riva a incendiar di Poesie le tue folli giornate. Noi a raccogliere parole e pensieri per illuminar le stelle nelle nostre tenebre.

Giuseppe La Mura lug 2016
testo: copyright legge 22 Aprile 1941 n°633
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